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La Scuola di Yoga “Sùrya” nasce nel novembre del 2003 per iniziativa del suo fondatore Ottaviano Fuoco, studioso di cultura indiana ed insegnante di Yoga, come Associazione Sportivo Culturale US ACLI, riconosciuta dal CONI.
La scuola è un centro dove è possibile praticare lo HathaYoga e non solo, possiede una biblioteca ed una Sala da thè. Organizza seminari di Shodo e di Nada Yoga, incontri di studio, concerti, conferenze, approfondimenti sulle discipline orientali.

venerdì 21 ottobre 2011

Chi crea i miei problemi?

 Gli Yoga Sùtra di Patanjali definiscono lo yoga come la capacità di dirigere la mente senza distrazioni e in modo continuo. Capire in che modo creiamo i nostri problemi è un primo passo per capire come liberarcene. Gli Yoga Sùtra definiscono Avidyà come “errata comprensione”, una falsa percezione o fraintendimento. Questa possiamo intenderla come come il risultato dell'accumulo delle nostre azioni inconsce, i giudizi e le azioni che abbiamo prodotto meccanicamente per anni. Per effetto di queste risposte inconsce la mente diventa sempre più dipendente dalle abitudini e finiamo con il considerare la nostra reazione di ieri come la norma di oggi.
Raramente abbiamo la sensazione che la nostra percezione sia sbagliata o oscurata. Infatti, una caratteristica di avidyà è quella di rimanere nascosta. Più facili da identificare sono le sue ramificazioni. La prima ramificazione è ciò che chiamiamo “io” (Io sono migliore, Io ho ragione) gli Yoga Sùtra chiamano questa ramificazione asmità. La seconda ramificazione è la continua richiesta di qualcosa, che viene chiamata ràga. Oggi vogliamo qualcosa solo perché ieri ci è piaciuta e non perchè ne abbiamo un effettivo bisogno. La terza ramificazione di avidyà è dvesa , questa si manifesta quando rifiutiamo qualcosa. Abbiamo avuto un'esperienza dolorosa perciò rifiutiamo situazioni, pensieri e persone che possano determinare la ripetizione di quell'esperienza. L'ultima ramificazione è abhinivesa, la paura. E' l'aspetto più nascosto di avidyà, si può trattare di insicurezza o di dubbi su noi stessi, della paura di un giudizio negativo, dalla paura di invecchiare.
Le quattro ramificazioni, una alla volta o tutte e quattro assieme, velano la nostra percezione. Di fronte a qualunque problema possiamo essere certi che avidyà ha concorso a crearlo. Lo Yoga diminuisce gli effetti di avidyà, affinché possa prodursi la vera comprensione. Quando percepiamo una cosa in modo corretto c'è pace dentro di noi, non c'è tensione, né conflitto, nè agitazione.
Lo Yoga aderisce all'idea che nel nostro profondo c'è qualcosa che a differenza di tutto il resto non è soggetto al cambiamento, il purusa ,che significa “ciò che vede correttamente”. Il potere dentro di noi ci fa percepire nel modo giusto e la pratica dello yoga favorisce l'instaurarsi di questa visione priva di ostacoli.
Come si arriva a percepire in maniera corretta?
Negli Yoga Sutra, Patanjali, ci consiglia tre strumenti: il primo è il tapas, è lo strumento che ci consente di mantenerci in salute e di purificarci interiormente, è l'assiduità nella pratica degli esercizi fisici e respiratori (Asana e Pranayama). Il secondo strumento è lo Svadhyaya, studio, indagine del se, che ci consente di conoscere noi stessi. La salute fisica non basta, dobbiamo sapere chi siamo e come rapportarci agli altri. Il terzo strumento è Isvarapranidhana , amore verso Dio o affidamento a Dio. Indica anche una qualità dell'azione, ogni cosa va fatta al meglio delle nostre possibilità. Non possiamo avere la sicurezza dei risultati delle nostre azioni, ma possiamo impegnarci al fine di fare al meglio ciò che dobbiamo fare.
Lo Yoga non è passività, anzi ci insegna a partecipare alla vita e per farlo bene dobbiamo lavorare su noi stessi.
Namasté

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